Ognuno di noi sperimenta nel corso della vita dei momenti di grande cambiamento. Sono passaggi dovuti a molteplici cause che possono essere malattie, lutti, disavventure economiche, crisi di coppia, abbandono, ecc.
Questi momenti ci segnano profondamente e, come dicono i grandi Maestri spirituali ed i moderni psicologi occidentali, occorre andare a fondo in queste esperienze, guardare in faccia il dolore, le paure, il senso di panico e tutte le emozioni che emergono affinché, questo guardare in faccia, possa diventare il momento culmine che apre le porte alla risalita. Al risveglio.
Si tratta del ciclo della vita che si perpetua tra gioie, dolori, momenti di grand’ attività e di grande stasi.
Uno di questi momenti di dolore mi portò, oramai più di trent’anni fa, a cercare un Maestro di Yoga. Erano tempi in cui non bastava un semplice click per cercare comodamente da casa una scuola. Occorreva impegnarsi e quindi avere una motivazione importante ed urgente alla base della nostra ricerca.
Non so esattamente cosa mi abbia portato a cercare nello Yoga la mia “guarigione”. Forse un viaggio in India di qualche anno prima chissà!!
Ho così incontrato il caro Maestro, un secondo padre, che mi ha formato nello Yoga per quindici anni; tre volte a settimana attraversavo la città per andare alle sue lezioni.
Un grande Maestro che spaziava tra la cultura orientale, ebraica, greca; un uomo che mi ha insegnato a considerare ogni azione come un gesto sacro; mi ha fatto capire l’importanza di gestire la mente rendendola docile e leggera.
Tanta pratica, tante letture, tanto impegno!
Ho imparato l’importanza del cibarsi come atto di scambio con Madre Terra lasciando che la trasformazione alchemica del cibo mi modificasse ed io, a mia volta, potessi modificare l’ambiente esterno; ho rivisto il mio modo di relazionarmi all’atro facendo cadere il velo della separazione.
E’ cambiato il mio modo di pormi rispetto al mondo ed alla vita ed in questa maniera è cambiato anche tutto quello che avevo intorno a me come, ad esempio, il lavoro. In quegli anni viaggiavo molto per organizzare eventi in giro per l’Italia e, solitamente, venivo a contatto con clienti molto stressati soprattutto perché facenti parte d’ aziende nelle quali la competizione e le guerre interne per la carriera erano spietate.
Ho attinto a questa nuova me per gestire queste situazioni di conflitto e da questa esperienza ho imparato molto sia sulla gente che sul senso del conflitto nella veloce vita moderna e quindi ho approfondito molto le tematiche dello stress.
Il Maestro desiderava che io insegnassi, confesso che questo m’ inorgogliva ma non era ancora arrivato il momento.
Il mio percorso personale si è arricchito negli anni di soggiorni in India dove ho potuto attingere alla fonte godendo di ritiri nelle foreste più impenetrabili del sud dell’India. Desideravo sentire quello che gli antichi saggi avevano sentito, proprio lì, nelle foreste, nel contatto con il Divino che si manifesta nel fiore, nel sasso, nel serpente, nell’uomo. E proprio in quel contesto ho sentito di essere, semplicemente, essere.
Senza nome, senza ruolo; se fossi sparita in quel momento la foresta mi avrebbe assorbito e sarei diventata humus. Questo pensiero mi ha aiutato a rimuovere quel senso dell’io così radicato in tutti noi e che ci porta sempre a competere con noi stessi e con altri per un’ affermazione esteriore che è pura illusione.
E’ la conoscenza profonda di chi siamo veramente che ci rende liberi dalle zavorre di una rappresentazione che spesso non ci appartiene. Quante volte recitiamo un ruolo che non abbiamo scelto o che ci accorgiamo che non si addice a ciò che siamo.
Un altro insegnamento della foresta è stato quello di non considerare mentalmente le manifestazioni della natura ma sentire, attraverso l’ emozione dell’unione del tutto, che siamo parte integrante della natura. La vera educazione ecologica parte dall’assunto che noi a la Natura siamo la stessa cosa, danneggiarla è recare danno a noi stessi.
A questo è seguito un altro lutto e quindi un paio di anni di “elaborazione” vissuta nel silenzio interiore. Altri due viaggi in India e poi ho, finalmente, ho abbracciato l’insegnamento.
Sono seguite specializzazioni, titoli, pezzi di carta…..
La mia vita stava prendendo la strada dell’ascetismo pur mantenendo i contatti con la quotidianità. Era quel silenzio interiore che mi accompagnava nelle scelte, nelle decisioni. Un silenzio che urlava forte tutta la sua gioia che veniva da un senso d’unione che si era stabilizzato dentro di me, ora sentivo che corpo, mente ed anima viaggiavano sulla stessa lunghezza d’onda.
Questa nuova me ha portato una conseguenza ovvia; volermi dedicare solamente all’insegnamento.
La vita mi aveva negato la possibilità di essere madre, in conseguenza anche di essere sposa e quindi desideravo dedicare la mia vita a questa meravigliosa disciplina che sa offrire tanto a chi ha orecchie per sentire.
Se la musica di sottofondo è troppo alta spesso non sentiamo, dipende da noi abbassare il volume o restare nello stordimento.
Sono 18 anni che insegno oramai ed ho maturato una notevole esperienza sui risvolti dell’animo umano. Ho assistito a tante trasformazioni, bruchi che diventavano farfalle, allievi che realizzavano la loro vita.
Il mio consiglio è molto breve e molto conciso: Risvegliatevi!!!!
Solo attraverso il risveglio possiamo comprendere cosa è giusto per noi e seguire il nostro Dharma personale, la via!